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Cover by Alice Valenti

Il nuovo album di Giacomo Sferlazzo

dedicato a Pasquale "U Pachinu" De Rubeis

Approfondimenti, immersioni e divagazioni sui brani di Arrispigghiativi

SETTEMBRE

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U Santuariu da Madonna di Portu Salvu d'Ampidusa

ascolta

testo e musica di Giacomo Sferlazzo

A Lampedusa c'era un fuoco

Che sempre ardeva per madre Maria

E dal mare la gente veniva

E per il mare la gente andava

Greci e romani turchi e cristiani

Dentro una grotta stanno insieme

L'olio sacro non fanno mai mancare

E ognuno prega alla sua maniera

E insieme si uniscono

Le voci del mediterraneo

E fanno una lingua sola solo una litania

Una poesia a Madre Maria Maria Maria

Madre Madre alla casa tu fammi tornar

Tutte queste persone ormai sono morte

Sotto la terra sono possedute dai vermi

Ma la loro voce nel vento si sente

“Dov'è il fuoco non ce l'ho più davanti”

Madre Maria sentimi un poco

Fai di questo porto un porto di consolazione

Fai di questo cielo un tetto d'amore

Fai di questo scoglio un letto di riposo

E insieme si uniscono

Le voci del mediterraneo

E fanno una lingua sola solo una litania

Una poesia a Madre Maria

Madre Madre alla casa tu fammi tornare

A Lipadusa c’era nu focu

Ca sempri ardia pi matri Maria

E da lu mari la genti vinia

E pi lu mari la genti s’innia

Greci e romani turchi e cristiani

Dintra na rutta n'zemmula stannu

Di l’ogghiu sacru mai fannu ammancu

E ognunu prega alla so manera

E n'zemmula si n'cucchiunu

Li vusci do mediterraniu

E fannu na parlata sula sulu na litania

Na poesia a Matri Maria Maria Maria

Matri Matri alla casa tu fammi turnari

Tutti sti genti morti ormai sunnu

Sutta la terra li vermi ci l’hannu

Ma la so vusci do ventu si senti

“Dunn'è lu focu nun l’hai chiu davanti”

Matri Maria sentimi un pocu

Fa di stu portu un portu e consulu

Fa di stu scielu un tettu d’amuri

Fa di scogghiu un lettu e riposu

E n'zemmula si n'cucchiunu

Li vusci do mediterraniu

E fannu na parlata sula sulu na litania

Na poesia a Matri Maria Maria Maria

Matri Matri alla casa tu fammi turnari

Disegno di Francesco Piobbichi - U Santuariu da Madonna di Portu Salvu d'Ampidusa

disegno di Francesco Piobbichi

Nella mia attività di ricerca e di cantastorie mi sono imbattuto in tantissime storie e racconti sull’isola ma il filo conduttore della storia e forse anche della natura più profonda di Lampedusa è sicuramente il santuario della Madonna di Porto Salvo. Si ipotizza che il santuario sia sorto come un eremitaggio musulmano all’interno di una grotta nel VII sec. Tante storie passano da questo luogo, importante non solo per Lampedusa e il Mediterraneo. Nel corso dei secoli la grotta di Lampedusa diviene un luogo dove pregano in zone adiacenti, cristiani e musulmani. Una parte della grotta dov'e’ seppellito un marabutto turco è usata dai musulmani, un’altra parte invece, caratterizzata da una croce rosso vermiglio sul pavimento è usata dai cristiani. La figura della Madonna e’ venerata da entrambi i fedeli, ricordiamo che l’Islam venera Maria come madre del profeta Gesù, unica donna ad essere chiamata per nome nel Corano. Anticamente vi era una lampada ad olio che veniva alimentata continuamente e che stava sempre accesa di fronte all’immagine della Madonna. La storia di Andrea Anfossi e’ sicuramente la più emblematica e ricca di spunti (per una più ampia narrazione rimando al libro: "Nostra Signora di Lampedusa. Storia civile e materiale di un miracolo mediterraneo " di Ivan Arnaldi ).

 

Siamo nel XVI sec e il Mediterraneo è dominato dai pirati. I fratelli Barbarossa, poi Murad, Dragut fanno razzie, mettono ferro e fuoco interi villaggi, fanno schiavi. Un altro pirata molto importante fu Uluch Alì.

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Uluch Alì nacque in Calabria, probabilmente col nome di Giovanni Dionigi Galeni, nel 1519. Stava per entrare in convento e divenire monaco, quando fu catturato dal corsaro algerino Khayr al-Dīn Barbarossa nel 1536 a Le Castella, presso Isola di Capo Rizzuto in Calabria. Fatto prigioniero e messo al remo, rinnegò la religione cristiana dopo alcuni anni, per poter uccidere un turco che lo aveva schiaffeggiato e non essere di conseguenza ucciso in base alla legge  islamica.

 

Diventato musulmano, sposò la figlia di un altro calabrese convertito, Jaʿfar Pascià e iniziò la propria carriera di corsaro, con grande successo. Divenne dapprima comandante della flotta di Alessandria, poi pascià d’Algeri, e infine bey (governatore) di Tripoli. Nel 1561, durante una delle incursioni in Liguria Uluch Alì fa prigioniero Andrea Anfossi. Andrea Anfossi era nato e vissuto a Castellaro Ligure e non abbiamo molti elementi biografici su di esso. Questa oscurità attorno la vita di Anfossi, rende la sua storia ancora più meravigliosa, perche come diceva il noto studioso siciliano Giuseppe Pitrè: “Questa oscurità che pare un difetto è la vera ragione per cui un canto  diviene popolare”. Dopo la sua cattura Anfossi venne probabilmente deportato a Tunisi, una delle capitali della pirateria. Dopo qualche tempo, di passaggio con una galera a Lampedusa, dove i pirati si fermavano per fare rifornimento di legna ed acqua, Anfossi riesce a scappare tra la boscaglia e rifugiarsi fino a quando la galera non fu ripartita. Incontrò dei pastori che lo misero a pascolare il gregge e gli spezzarono le catene. In una delle sue camminate, Anfossi , incontrò un fitto roveto che nascondeva una grotta da cui usciva una luce abbagliante. Entrando si vide davanti il quadro con la Madonna, il Bambino e Santa Caterina d’Alessandria. Il militare e avventuriero spagnolo Alonso de Guillén Contreras visita Lampedusa  alla fine del 1500 e racconta, tra le altre cose, del santuario dell'isola, nelle sue memorie "Vida del capitán Contreras (l'opera fu iniziata nel 1630 e terminata a Palermo nel 1633. Rimase in forma di manoscritto per quasi tre secoli, in un portolano conservato alla Biblioteca Nazionale di Madrid, il testo fu pubblicato nel 1900)

 

"Vi è una caverna a livello della soglia, dove si trova, dipinta su una tela tesa su una tavola di legno antichissimo un'Immagine di Nostra Signora col Bambino in braccio, la quale fa moltissimi miracoli. In questa caverna, esiste un altare; è là che trovasi quest'immagine con molti oggetti che vi hanno lasciato in elemosina i cristiani; per fino del biscotto, del formaggio, dell'olio, delle carni salate, del vino e del denaro. Dall'altra parte della caverna si vede una tomba, dove, si dice, sia sepolto un marabbutto turco, uno dei loro santi a quanto si racconta. Accanto ad esso, ci sono più o meno le medesime elemosine che (sono fatte) alla nostra Immagine santa con molti abiti alla turca ma niente (carne) porco salato. E' accertato che tanto i Cristiani che i Turchi, depongono là questi viveri affinché quando passa qualche nave, se uno schiavo riesce a fuggire, egli abbia qualche cosa da mangiare fino a quando sopraggiunga una nave della propria nazione e lo prenda a bordo a secondo ch'egli sia cristiano o turco."

 

Qualcuno ipotizza che questo quadro potesse provenire dal Monastero di Santa Caterina d’Alessandria in Egitto , che è il più antico  monastero cristiano ancora esistente.Sorge alle pendici del monte Horeb dove, secondo la tradizione, Mosè avrebbe parlato con Dio nell’episodio biblico del roveto ardente e dove egli ricevette i comandamenti.

Statua di Occhiali a Le Castella (Isola di Capo Rizzuto)

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Il dipinto con la Madonna, il Bambino e Santa Caterina d'Alessandria

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Il Monastero di Santa Caterina d'Alessandria in Egitto

Nel corso del VII secolo proprio quando si ipotizza che nascesse l’eremitaggio di Lampedusa, il monastero di Santa Caterina d’Alessandria in Egitto, divenne un luogo di culto anche per l’Islam: secondo il documento che la tradizione sostiene,  essere stato redatto da Maometto, il profeta accordava protezione al monastero,  perché all’interno di esso fu accolto e protetto dai nemici. La conservazione di questo manoscritto all’interno del monastero, fu determinante per la sopravvivenza alla dominazione araba. Fu costruita anche una moschea all’interno , ma non fu mai usata perche per errore non fu orientata  verso la Mecca. In ogni caso Il quadro della Madonna nella grotta di Lampedusa,  rimanda ad un luogo (il monastero di Santa Caterina) in cui cristiani e musulmani trovano una sorta di porto franco, un luogo dove nel bene e nel male si riesce a convivere. Proprio come nella grotta di Lampedusa. Ad un certo punto Anfossi, è ipotizzabile che diventi un’eremita, che praticasse il doppio culto, quello cristiano e quello musulmano. Eremita, tra l’altro, famoso in quell’epoca tra i naviganti come famosissima era la grotta di Lampedusa. Nessuno poteva portare via da quel luogo sacro: le tante monete, i tanti doni che tutti coloro che passavano da li, lasciavano in offerta. Solo i cavalieri di Malta, potevano prendere i doni e portarli nella chiesa dell’annunciazione di Trapani. Chi provava a rubare qualcosa senza che ne avesse bisogno, rimaneva prigioniero dell’isola e delle tempeste, che non si placavano fino a quando non fosse stata restituita la refurtiva. Anfossi dopo decenni sull’isola, fa il voto alla Madonna e promette che se riuscirà a tornare al suo podere a Castellaro Ligure edificherà un santuario in suo onore. Cosi scava un tronco, e fa della tela sacra una vela. Si mette in mare e non appena i lampedusani provano a prenderlo:  lui si immerge nell’acqua va in fondo per rispuntare molto lontano. Il tema della navigazione meravigliosa era antico, mediterraneo e biblico.  Nel salmo 107 si dice: Quei che scendono in mare quelli vedono le opere del Signore. E’ il 1602. Dopo più di 40 anni Anfossi torna nella sua terra natia. Sbarca ad Arma di Taggia, dove è scambiato per un ladro e vagabondo e quindi messo in prigione. Ma il comandante del posto di guardia lo fa liberare e Andrea propone al signore di Castellaro di edificare un santuario nel suo podere. Il nobile invece vuole edificare il santuario: in un altro luogo, deciso da lui, cosi confisca il quadro. Ma per ben due volte, l’immagine sacra,  ritorna miracolosamente nel podere dell’Anfossi, che viene nuovamente messo in prigione, perchè sospettato del furto del quadro.  Ma anche stavolta, la tela viene ritrovata nella proprietà di Anfossi, si dice, trasportata dagli angeli.

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Documento redatto, secondo la tradizione, da Maometto.

L'attuale statusa della N.S. di Porto Salvo portata in processione (foto tratta da >)

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Il Santuario di Nostra Signora di Lampedusa a Castellaro Ligure

Un quadro raffigurante Andrea Anfossi

L'attuale facciata del Santuario 

di Lampedusa

Di fronte a questo prodigio,  fu scarcerato e il Santuario della Madonna di Lampedusa, venne edificato a Castellaro Ligure nel luogo indicato da Andrea Anfossi, dove tutt’ora si può visitare e ammirare il quadro con :  la Madonna , il Bambino e Santa Caterina d’Alessandria usato come vela da Anfossi, nella traversata da Lampedusa alla Liguria. Non sappiamo quando  il quadro fu sostituito dalla statua. In seguito nel santuario di Lampedusa fu posta la statua che oggi viene portata in processione e che Bernardo Sanvisente trovò con la testa staccata dal collo al suo arrivo sull’isola il 22 settembre del 1843, quando per volere dei Borboni iniziò la colonizzazione dell’isola. Dunque uno schiavo fatto prigioniero da un ex schiavo divenuto pirata, che diventa un’eremita che pratica il doppio culto: quello cristiano e quello musulmano e che ritorna nella sua terrà natia grazie all’immagine della Madonna, il Bambino e Santa Caterina d’Alessandria. Un'altra leggenda lega la Madonna di Lampedusa a quella di Trapani:

La leggenda più conosciuta è quella riportata per intero nel Rollo I di scritture del 1736, ricomposto dal padre Martino Fardella, conservato nell’archivio storico del Sacro Convento dell’Annunziata, e si basa su un manoscritto del 1380 di cui non si ha nessuna traccia oggi, forse perchè le scritture autentiche furono consumate dalle fiamme per disinfettare il Convento ell'Annunziata, diventato, nel XV sec., ricovero degli appestati. 

 

Secondo l’ignoto autore del manoscritto, la statua della Vergine col Bambino fu scolpita nel 733 ca. sull'isola di Cipro, dove fu venerata per circa 400 anni , intorno al 1130 fu trasportata in una chiesa in Siria di cui era commendario un tal Guerreggio, Cavaliere Templare pisano.

 

In merito il Serraino, ci riporta un interessante particolare: 

 

nell'isola di Cipro rimase, a ricordo, l'originario piedistallo, su cui fu collocato un quadro riproducente la Vergine, la quale ­ a dire di Mons. Giovanni Logara, arcivescovo di Cirene ­ « dà agli storpi, sordi, indemoniati, lebrosi, febbricitanti, arrivati in detta Chiesa, la salute»; lo stesso Arcivescovo, trovandosi occasionalmente a Trapani e vedendo la nostra Madonna, riconobbe in Essa la Vergine di Cipro (relazione di P. Francesco Annibale) ed ebbe a testimoniare che i Padri Ciprioti, custodi del miracoloso quadro, affermarono esserne stata la statua trasportata in Palestina, a seguito della cacciata dei cristiani dall'Isola.

 

In seguito all'avanzata del feroce Saladino, i cavalieri Templari, dopo la sconfitta di San Giovanni D’Acri, decisero di tornarsene in patria.  Per evitare che il simulacro cadesse in mano agli infedeli, Guerreggio si imbarcò diretto a Pisa, sua città natale, portando con sé la statua della Madonna alloggiandola in una cassa di legno. Durante il viaggio giunti al largo di Lampedusa, furono colti da una violenta tempesta tanto che a stento poterono raggiungere quell’isola. Quando il maltempo si fu calmato, ripresero il largo, ma una seconda tempesta, molto più furiosa della prima, nei pressi delle isole Egadi, li costrinse a svuotare le stive della nave. 

 

La leggenda a questo punto, narra che, alleggeritasi la nave del prezioso carico, la tempesta si placò improvvisamente, e la cassa, dalla quale per divino miracolo si spargeva tutt’intorno un mistico alone di luce, galleggiò sulle onde e si mosse rapidamente verso Trapani, come guidata da una precisa volontà di giungere a quel porto.  La Sacra Immagine venne raccolta dai marinai trapanesi e portata a riva. Giunse intanto la nave che si fermò nel porto di Trapani il tempo necessario a riparare le gravi avarie subìte durante viaggio.

 

Nel frattempo il Simulacro della Vergine aveva compiuto una serie di miracolose guarigioni: ciechi avevano riavuto la vista, paralitici avevano ripreso a camminare, storpi si erano improvvisamente raddrizzati. E quando il Cavalier Guerreggio si presentò per riprendere il simulacro, si trovò di fronte un assembramento di trapanesi che minacciarono di distruggere la nave se si fosse azzardato a portare con se la Statua della Madonna. Di fronte a tanta resistenza, neppure il Console di Pisa, vivente a Trapani, riuscì a far valere il suo diritto: i trapanesi dissero che la Vergine aveva scelto Trapani come sua dimora e che a Trapani sarebbe rimasta.  Si convinsero allora che nella linea provvidenziale delle cose era previsto che dovevano lasciare a Trapani il dolce carico della Statua. Perciò la consegnarono al console pisano con la promessa però di imbarcarla in seguito per Pisa alla prima opportunità. La Madonna intanto fu riposta nella chiesa di S. Maria del Parto, dove i Carmelitani di recente e per un decennio avevano trovato accoglienza, prima di trasferirsi all’Annunziata, fuori le mura.

 

Venne il giorno propizio di spedire la Statua a Livorno. Dopo lunghe discussioni tra il Console e i cittadini, si pervenne ad un accordo: si pose la statua su un carro, trainato da buoi. Se i buoi avessero scelto la strada dell’abitato, l’immagine di Maria sarebbe rimasta a Trapani; se invece si fossero diretti verso il mare, dove un veliero era pronto per salpare, il prezioso Simulacro sarebbe stato restituito a Pisa. Ma gli animali, alla prima frustata con cui ricevettero il via davanti ad un’immensa moltitudine di popolo, in modo sorprendente e con lena, presero la via della campagna quasi ubbidissero ad una guida invisibile. Il popolo in grande calca esplose in grida di esultanza, sicuro che l’Oggetto della sua devozione voleva rimanere nella loro città. I buoi si diressero verso la Città, la traversarono e s’arrestarono soltanto dinnanzi alla Chiesina dell’Annunziata, e i Carmelitani uscirono processionalmente ad accogliere la Madonna con gioia grandissima. Il cavaliere Guerreggio, informato a suo tempo di quella decisione soprannaturale, stabilì che l’Immagine restasse a Trapani e in quella Chiesa, servita e venerata dai frati del Carmelo.

(tratto da > http://siciliaterredoccidente.blogspot.com/2016/10/la-storia-della-madonna-di-trapani.html)

Giulio Tomasi Caro, primo principe di Lampedusa, […] a ricordo della sosta della Madonna (poi detta di Trapani) nell'isola, volle nel medesimo santuario di quella città ricordare l'avvenimento col collocarvi, in quadro d'argento, un ex voto con l'effige della Madonna, stabilendo che «parte dei doni e delle oblazioni offerti per il culto della Madonna di Trapani andassero all'altro santuario dell'isola». Ciò avveniva verso il 1653, data riportata nell'iscrizione dell'ex voto che, purtroppo, non ci è stato possibile riscontrare nel santuario dell'Annunziata, a Trapani, dove si conservava (Fragapane 1993). 

 

Il capuccino Francesco Maria Pagnozzi nella sua opera […] riferisce che «la Madonna di Lampedosa» è «d'alabastro» e «molto simile alla S.S. Madonna di Trapani» riportando anche la leggenda che «Dove più volte si è tenuto questo miracolo, che se alcuno dell'oblazioni di questa Benedetta Madonna ruba cos'alcuna, non può mai quindi allontanarsi il Naviglio, finché non sia fatta la restituzione: levandosi tempesta in mare, o simil'altro fortunio accadendo, ancorché un solo d'una squadra di galee fosse stato il ladro» 

 

(Pagnozzi F. Francesco Maria – predicatore cappuccino – Maria trionfante con la pompa di una triplicata corona di stelle risplendenti ecc. - P. A. Fortunati, Pistoia, 1655. - In Giovanni Fragapane – 1993 - pp. 501 e 506)

Se mettiamo a paragone l'attuale statua della Madonna di Porto Salvo di Lampedusa con quella della Madonna di Trapani ci rendiamo conto che non c'è alcuna somiglianza tra le due, mentre si possono riscontrare, e non solo nel nome, delle similitudine tra quella di Trapani e quella della Goulette.

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La statua della Madonna di Trapani

La statua della Madonna di  N.S. di Porto Salvo di Lampedusa

N.S. di Trapani - La Goulette - Tunisi

A partire da questi confronti e da alcune discussioni con l'attuale parroco di Lampedusa Don Carmelo La Magra e con Alberto Mallardo (Mediterranean Hope) si è fatta largo la suggestiva ipotesi che la Madonna della Goulette possa essere in realtà la copia della Madonna di Trapani posta in Lampedusa.

A supportare questa ipotesi  abbiamo  la testimonianza del religioso Massa componente della Compagnia di Gesù, che nel  1709 nell'opera "La Sicilia in prospettiva" (Palermo, 1709) scrive parlando del Santuario di Lampedusa: «L'Altare però mira Levante, e Mezzogiorno, nelle cui punte si vedono sue statue della Santissima Vergine, eguali in altezza di cinque, o sei palmi, benché una di esse sia molto più bella, ed amabile».

 

Quando Bernando Sanvisente  sbarca a Lampedusa il 22 settembre 1843, per mettere in atto la colonizzazione dell'isola voluta da Ferdinando II di Borbone, trova l'attuale statua della Madonna, con la testa staccata dal collo, è lui a farla restaurare e istituire la festa della Madonna di Lampedusa il 22 di settembre. Sull'isola erano presenti un gruppo di maltesi e inglesi che avevano affittato parte dell'isola dai Tomasi di Lampedusa a partire dal 1800 i quali avevano rapporti con la Tunisia ma è più probabile che la copia della statua della Madonna di Trapani venga portata alla fine del 1700, a Trapani, dai Cavalieri di Malta e in seguito portata a Tunisi. 

 

La statua della Madonna di Trapani in Tunisi si trova nella Chiesa di s. Agostino e Saint-Fidèle di la Goulette. Fu costruita tra il 1848 e il 1872. Dal 1898, il cardinale Lavigerie chiese gli eremiti di Sant'Agostino, originari di Malta, di assumere la direzione della parrocchia; il più famoso di essi è il padre di Souza che porta modifiche e abbellimenti per l'edificio. L'edificio è stato ristrutturato dal pittore italiano, Alberto Bogani nel 2007. Diventa rapidamente un luogo di devozione con il pellegrinaggio a nostra signora di Trapani e la sua processione attraverso la città che fu celebrata dai primi del 900 fino al1964 quando venne interrotta, per poi riprendere solo nel 2017. La Goulette, come tutta la Tunisa, era un luogo di convivenza pacifica tra musulmani, ebrei tunisini, maltesi, italiani e francesi, in cui vi erano anche matrimoni misti. La processione della Madonna di Trapani era un momento di comunione tra le varie comunità che partecipavano attivamente.

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Chiesa de Nossa Senhora da Lampadosa

Nossa Senhora da Lampadosa

Il quartiere de La Petite Sicilie, alla Goulette, nasce intorno alla chiesa della Madonna di Trapani, celebrata dai trapanesi il 15 agosto. Secondo gli archivi da me consultati, la Madonna usciva dalla chiesa attraversando le stradine de La Goulette accompagnata da una banda musicale. La giornata si concludeva con i giochi d’artificio e un concerto sulla piazza principale. Dornier così descrive la processione: «La processione della Madonna di Trapani, a La Goulette, non è un semplice corteo dove si cammina in fila, cantando inni o recitando il rosario. La Vergine è portata su un carro da una dozzina di uomini che si alternano. E tutto intorno alla Vergine c’è una folla eterogenea, che vuole toccare la statua, chi con un fazzoletto, o chi con la mano. A questa folla si mescolano donne musulmane velate, ebrei praticanti, che erano venuti anch’essi a pregare la Madonna. Alcuni seguono la processione scalzi per esaudire un voto, andando da La Goulette a Tunisi. Nelle ore serali intorno alle 20:30, saranno le prostitute accompagnate dai loro protettori, a fare il rito chiamato Le rite de la Madeleine prostrandosi ai piedi della croce …».

(tratto da > http://www.istitutoeuroarabo.it/DM/la-comunita-siciliana-di-tunisia-la-goulette-un-esempio-di-tolleranza/)

 

Se cosi fosse, ancora una volta, la Madonna di Lampedusa è sinonimo di dialogo interreligioso. Una prima riflessione che faccio a questo punto è che la Madonna di Lampedusa non ha nel corso della storia sempre la stessa immagine, cambia totalmente forma: da quadro a statua dopo il 1602 (forse anche diverse statue nel corso dei secoli). Esiste addirittura un santuario dedicato alla Madonna di Lampedusa in Brasile, a Rio de Janeiro. 
 

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Nella prima metà del XVIII secolo viene venerata in Brasile Nossa Senhora da Lampadosa, patrona degli schiavi, a cui è tuttora dedicata a Rio una chiesa donata alla confraternita (irmandade)  negra  di Alampedosa. Dietro l’altare era collocato un Cristo nero. Molte confraternite di schiavi già veneravano santi ‘neri’  come san San Benedetto da San Fratello il primo nero proclamato beato con regolare processo canonico già nel ‘700 e poi fatto santo. E la confraternita di Lampedusa aveva trovato ospitalità nella chiesa di San Rosario e Benedetto. Un gruppo consistente di schiavi neri passano da Lampedusa, con padroni italiani, si convertono al cattolicesimo e venerano Nostra Signora di Lampedusa, vengono poi imbarcati per il Brasile dove col passare del tempo si strutturano in confraternita alla stregua di altre confraternite  di schiavi che vengono tollerate se non propiziate per cercare di contenere le tensioni sincretiste incanalando i momenti di celebrazione nell’istituzione cattolica e consentendo alle confraternite di svolgere una funzione di assistenza pubblica e mutuo aiuto. La festa del santo patrono era un momento cruciale. Nel caso di San Rosario  sacro e profano si intrecciavano con messe, processioni, e  banchetti che culminavano nell’elezione di uno schiavo nominato ‘re del Congo’.

(tratto da > https://quelcherestadelmondo.wordpress.com/tag/vite-degne-di-lutto/)

A quanto pare gli schiavi di passaggio da Lampedusa portano con loro in Brasile una statua della Madonna di Lampedusa e ogni anno festeggiavano la liberazione degli schiavi. Questo ci fa pensare alla possibilità che da Lampedusa potesse passare l’infame commercio degli schiavi, sospetto che ci viene dato anche dal fatto che una nave da guerra portoghese messa in mare a Lisbona il 21 gennaio 1727 si chiamasse Nossa Senhora da Lampadosa . La nave da guerra avrebbe poi preso parte alla campagna per il River Plate nel 1736-1737 , come la più piccola nave da guerra nel squadrone portoghese in quell’occasione (nave con un equipaggio di 50 uomini).

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Stampa rappresentante la nave da guerra Nossa Senhora da Lampadosa

Tutto questo è attualissimo e dimostra come l’isola sia da sempre un luogo di salvezza e liberazione da un lato, dall'altro luogo di reclusione e avamposto militare. Lampedusa va indagata all'interno di questa contraddizione dialettica. C'è un legame profondo tra il culto della Madonna di Porto Salvo di Lampedusa e i “Dannati della terra”. Oggi c'è bisogno che Lampedusa diventi un simbolo di riscatto e di giustizia per tutti coloro che sono costretti a lasciare la propria casa, la propria terra, la propria famiglia e non in cerca di un futuro migliore ma in fuga da un passato e un presente infernale o semplicemente alla ricerca di un lavoro. Lampedusa deve diventare luogo di riflessione storica e politica, partendo proprio dal suo passato e dalla sua "natura". Lampedusa deve essere luogo anticoloniale e antimperialista, luogo dove gli ultimi spezzano le catene di ogni tipo. Da Lampedusa deve uscire un messaggio di denuncia nei confronti delle politiche e delle pratiche dell'UE e USA che continuano la loro tradizione colonialista e di sfruttamento, in una continuità storica chiarissima.

 

Finisco col raccontarvi di, una piccola scultura in legno rappresentante la Madonna e il Bambino, scultura ritrovata su una barca di migranti e arrivata nelle mie mani consegnatami dal maestro d'ascia dell'isola Giuseppe Balistreri a cui era stata data da dei pescatori. Scultura che ho conservato e che è stata in mostra a PortoM.

 

A partire dal 2009 il collettivo Askavusa ha recuperato nella discarica dell'isola e nei vari “cimiteri dei barconi” tantissimi oggetti appartenuti alle persone di passaggio dall'isola che provenivano e provengono da diversi paesi dell'Africa e non solo. Tra questi oggetti: testi sacri, fotografie, lettere, oggetti di varia natura. Con questi oggetti Askavusa ha realizzato PortoM un luogo di memoria e riflessione storico/politica sulla questione delle migrazioni, inserendo il discorso in una cornice più ampia a partire da due domande: “Perchè le persone sono costrette a lasciare il proprio paese?” E “Perché la maggior parte della popolazione mondiale non può viaggiare in maniera regolare senza rischiare la vita e senza essere criminalizzata?”. Da queste due domande si articola un ragionamento con cui i visitatori di PortoM sono chiamati a fare i conti. Da quest'anno il collettivo Askavusa vuole praticare la diffusione sul territorio di questi oggetti con l'obbiettivo di stimolare il ragionamento sulle migrazioni nella comunità lampedusana e in tutte le persone che l'attraversano, cercando di mantenere viva la memoria di quello che è accaduto in questi anni e agire nel presente. Il primo luogo che ospiterà uno di questi oggetti è Il Santuario della Madonna di Porto Salvo di Lampedusa, grazie alla collaborazione di Don Carmelo La Magra. Il Santuario ospiterà in una nicchia una statuetta in legno raffigurante la Madonna con il Bambino che probabilmente proviene dall'Etiopia. In seguito verranno esposti una serie di testi sacri appartenuti alle persone migranti di passaggio da Lampedusa, principalmente Bibbie, anche queste ritrovate dal collettivo Askavusa. La solidarietà e la ricerca del dialogo devono essere necessariamente accompagnati dalla riflessione storico/politica e dall'esercizio della memoria, per cercare di cogliere la complessità degli avvenimenti che investono l'isola. In questo senso Lampedusa può divenire un grande laboratorio di ricerca del Mediterraneo.

 

Oggi viaggiando indietro nella storia, mi appare limpida la sua funzione e il suo messaggio: questa statua è un’altra immagine della Madonna di Porto Salvo di Lampedusa, questa è l’immagine attuale e viva di questa presenza millenaria che veglia sui lampedusani, sui marinai, sugli schiavi e sui migranti.

 

E pensare che sono ateo.

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La statuetta raffigurante la Madonna e il bambino che verrà custodita e mostrata nel Santuario di Lampedusa

Giacomo Sferlazzo

Lampedusa 03/09/2018

Il figlio di Abele
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