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storie  e memorie in mezzo al mare

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gli alberi

2.4 Gli alberi.

Sul globo terrestre attualmente vi sono circa 4 miliardi di ettari di foreste, che corrispondono a circa 1/3 della superficie delle terre emerse. Secondo il rapporto Global Forest Resources Assessment 20201 sono scomparsi 4,7 ettari di foreste all'anno dal 2010 ad oggi. Nel rapporto della FAO del 20162 nelle zone tropicali e subtropicali le prime cause della deforestazione risultavano essere: l’agricoltura commerciale su larga scala per circa il 40%, quella locale di sussistenza per circa il 33%, la crescita urbana, l’espansione delle infrastrutture e l’industria mineraria per circa il 27%. La deforestazione di Lampedusa comincia nel 1771 con la richiesta di tagliare e vendere legna da ardere, da parte del maltese Salvatore Fabbri, per sé e per altri cinque suoi soci, fatta al principe Tomasi di Lampedusa3. Nel 1800 la famiglia Tomasi, che possedeva l'isola, ne cedette una parte in enfiteusi alla famiglia Gatt di Malta che a sua volta sub-concesse anche ad altre famiglie maltesi: i Frenda e i Fernandez che oltre alla coltivazione della terra dovranno «tagliar legna da brugiare per servizio di quest'isole di Malta e Gozo»4. Dalla pubblicazione dell'ammiraglio William Henry Smith del 1824 che riporta notizie relative al 1813, anno in cui il capitano inglese dell'”Adventure” visitò l'isola, sappiamo che «Una notevole quantità di legna da ardere viene tagliata e mandata a Tripoli e a Malta»5, ma il numero ridotto di coloni faceva sì che il danno ecologico fosse ancora limitato, a riprova di ciò nella sua carta topografica Smith indica un'ampia area dell'isola come «woody and uncultivated».. Nel 1828 Francesco I di Borbone organizzò una spedizione sull'isola per verificare la possibilità di acquistarne alcune parti su cui estendere i diritti di regalia e formarvi uno stabilimento di relegazione. Facevano parte della spedizione il tenente D. Salvatore Colucci, l'agrimensore Pietro Cusmano che redigerà la pianta dell'isola, l'agrimensore D. Pietro Casaceli e il Botanico Giovanni Gussone. Nel resoconto che Cusmano fa della spedizione (1838) apprendiamo che ancora

 

L'isola abbondava di ogliastri che potevano essere innestati a ulivi; si riscontrò anche che era possibile la coltura della vite e, all'interno dell'isola, dei fichi e dei mandorli. L'isola ad eccezione dei terreni coltivabili di cui si è detto, era interamente coperta di macchie di ginepro, stinco siciliano, itimo africano, noselle, tabacca o nocciole bianche, seta selvaggia, cannarone, imbriacola, ogliastri, carrubastre e poche macchie di pini. Gli oleastri erano numerosissimi e alti sette palmi, la loro origine sembrava antichissima, assommavano a circa 2.000, i carrubastri a 303. Vi erano anche degli alberi da frutto: nel vallone dell'Imbriacola vi erano 46 ulivi, nel vallone della cala della Madonna 12 fichi, due palmi grandi, un melograno, un arancio, una pergola sopra gli alberi, una cassia, fichi di India, tre piccoli palmi vicino la Cala del porto, due nella Salina e una a Cala Malucco6.

 

Nel 1843 Ferdinando II di Borbone, Re del Regno Delle Due Sicilie, mette in atto la colonizzazione dell'isola con lo scopo di farne una colonia penale. Per il sostentamento dei coloni e lo sviluppo economico si puntò sull'agricoltura, come si era fatto per tutto il settecento nei diversi tentativi di colonizzare l'isola. Ai coloni vennero assegnate tre salme di terreno boschivo da riconvertire all'agricoltura e un'abitazione che sarebbe stata consegnata non appena il governo l'avesse fabbricate. La colonizzazione del 1843 segna l'inizio della devastazione ambientale di Lampedusa in maniera sistematica. A capo della colonizzazione vi era Bernardo Sanvisente, il quale pubblicò una relazione da cui attingiamo a diverse informazioni tra cui lo stato della “forestazione” sull'isola:

 

Quello che si presenta nel girar l'occhio intorno è la bassa, e folta quantità di arbusti che costituiscono la boscaglia dell'Isola, tra la quale signoreggia da per tutto l'oleastro, che si osserva ove più, ove meno rigoglioso nella sua vegetazione. […] Le foglie della Periploca angustifolia, comunemente detta la Seta sono ottime per pascoli di Bovi, e Pecore, […] Al ponente, e nelle diverse forre, gli alberi sono di più grosso fusto, e generalmente parlando la vegetazione ivi è molto rigogliosa, anzicché no. Il fusto del ginepro comecché adattatissimo a ben resistere all'aria atmosferica si lavora con buon successo a formare utensili per la campagna. Il Lenisco che vi abbonda, si è innestato a Pistacchio, e Scornabecco, e quanti ne ingentilirono meravigliosi gettiti hanno somministrato. Gli oleastri la di cui quantità può dirsi innumerevole nel loro assieme ci offrono la seguente osservazione. Sbarbicandosene 20 mila, generosamente parlando, perché essendo rimasti senza niuna coltura, la pianta parassita del pedale succhiava l'umore che doveva far vegetare il fusto principale, e l'aria ambiente non potendo liberamente influirvi ne venne cariato il fusto, e soggetto l'albero a delle malattie; quindi languida se ne osserva in alcuni di essi la vegetazione. E' adunque così, che estirpandosene la quantità suddetta io credo con fondamento che un numero ben significante, e forse tra le sessantamila si possono frammescolare, ed in questo anno 1847 delle 12,000 innestate ne hanno prese circa 10,000; oltre a 1000 carrubastri le di noi nel secondo, e terzo anno del nostro giungere nell'isola, e che riuscirono ottimamente7.

 

Nella sua relazione, Sanvisente, mostra l'incapacità, come i tecnici che lo seguiranno, di organizzare un piano per la trasformazione e la razionalizzazione dell'utilizzo delle terre.

 

Da un canto promuove la distruzione sistematica della vegetazione originaria sulla condizione della vegetazione «Intanto ciò che si estirpa dai terreni che si disossano, siano gli alberelli inutili, siano le ceppaie di ogni altra inutile pianta silvestre, si carbonizza per conto degli agricoltori e non sono solo questi i vantaggi che essi godono, poiché nel concedere loro per qualche anno le terre coltivabili, vi aggiunsi una porzione doppia di terra grezza con l'obbligo doverla sbarbicare, dissodare e renderle atte alla coltivazione», dall'altro suggerisce di erigere muri a secco e siepi di fico d'India per ridurre l'erosione dovuta alle piogge torrenziali. Negli anni successivi vennero individuate le terre da convertire in terreno agricolo e quelle da disboscare per la raccolta del legname e la produzione di carbone da esportare .8

 

L'ingegnere Giorgio Schirò ricevette l'incarico da parte del Dipartimento delle Finanze (con ministeriale del 28/12/1853 e del 04/01/1854) di effettuare una missione nelle isole di Lampedusa e Linosa con lo scopo di riorganizzare le attività delle colonie. Schirò nel 1861 pubblicò una relazione “Sull'attualità e l'avvenire delle Isole di Lampedusa e Linosa” in cui si parla anche della carbonizzazione. Il disboscamento per produrre carbone divenne la principale attività commerciale. Le autorità locali diedero il permesso di operare anche a dei panteschi che una volta finita la speculazione lasciarono Lampedusa portandosi con loro il guadagno. Questa lucrosa e terribile attività fece aumentare il numero dei coloni sull'isola e l'assegnazione di terreni boschivi al fine di produrre carbone. In dieci anni sparirono circa 400 salme di suolo pari a ¼ dell'intero territorio dell'isola. Nessuna autorità intervenne per regolare e attenuare quanto stava accadendo e in breve tempo fu distrutta quasi del tutto la macchia mediterranea di Lampedusa. Dal 1967, attraverso i finanziamenti dell'Assessorato Agricoltura e Foreste, sono cominciati degli interventi di riforestazione che hanno portato ad avere circa 189 ettari di zone rimboschite a Lampedusa e 67 ettari a Linosa. Le superficie rimangono di proprietà del Comune e cedute in maniera temporanea e a titolo gratuito all'Amministrazione Forestale. Nonostante le difficoltà dovute alla continua esposizione ai venti, alla scarsità di piogge, alla forte salinità dell'aria nelle zone costiere e al terreno che oramai in alcune zone è nuda roccia, il rimboschimento ha raggiunto dei buoni risultati. Dopo una fase in cui furono piantate specie come il pino d'Aleppo, tamerici, cipresso, acacia e mioporo negli ultimi anni si sono reintrodotte le piante della macchia mediterranea al fine di ricostruire l'antica vegetazione che è quasi del tutto scomparsa. Rimangono limitati esemplari di carrubbi e oleastri nel fondo del vallone di Terranova e alcuni esemplari di ginepro fenicio, corbezzolo, mirto e cisto. Come esemplari di vegetazione autoctona abbiamo 10 specie che vivono esclusivamente sull'isola tra cui la Daucus lopadusanus, una piccola carota selvatica, la Chiliadenus lopadusanus, un cespuglio odoroso, una piccola camomilla selvatica denominata Anthemis lopadusana, la Suaeda pelagica, la Scilla dimartinoi, una bulbosa a rischio estinzione come le orchidee: Ophrys scolopax subsp. Scolopax, Ophrys ciliata, ecc. Dalla metà del 1900, sul piano globale, la deforestazione “selvaggia” si è spostata dalle zone temperate a quelle tropicali. Il 50% della totale della deforestazione nei Tropici dal 2000 è stato causato dal disboscamento illegale delle foreste per produzione agricola destinata al commercio. Secondo la ricerca condotta da “Fern”9 i paesi europei sono i maggiori importatori dei prodotti coltivati attraverso il disboscamento illegale. Sono tantissimi gli attivisti uccisi per essersi opposti alla deforestazione in particolare negli ultimi anni sono cresciute le minacce e le morti collegate alla deforestazione della Foresta Amazzonica. Ricordiamo i leader della tribù di Guajajara nello stato brasiliano di Maranho, Maxciel Pereira dos Santos che lavorava per l'ente che protegge gli indigeni dell'Amazzonia, in Guatemala Diana Isabel Hernández, Edwin Chota, capo della tribù Alto Tamaya-Saweto in Perù che hanno perso la vita insieme a tantissimi altri. Gli ultimi dati dell’Istituto nazionale per le ricerche scientifiche (Inpe), ci danno un quadro allarmante della situazione in Amazzonia, ad agosto del 2019 la deforestazione è aumentata del 300 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Nei primi otto mesi del 2018, è cresciuta del 100 per cento. In prima linea nella deforestazione vi sono multinazionali e istituzioni finanziarie che condizionano pesantemente la politica, la vita sociale ed economica delle popolazioni delle aree interessate. Recentemente a Lampedusa attraverso il progetto Lampedusaresiste si è fatto il tentativo di praticare il rimboschimento in maniera auto organizzata aprendo una lunga discussione sulle specie da piantare e di come salvaguardare le piante presenti nelle zone interessate alle piantumazioni scegliendo di piantare solo specie appartenenti all'antica macchia mediterranea e di non danneggiare le macchie di vegetazione spontanea. Allo stesso tempo il Comune ha avviato una piantumazione che è andata in maniera totalmente opposta, spianando con la ruspa aeree ricche di bassa vegetazione in cui sono stati piantati per lo più pini. A luglio 2020 sono invece state piantate delle palme nella zona del porto nuovo e della Guitgia, sostituendo in alcune zone gli arbusti di ulivo che avevano già diversi anni e che sono stati ripiantati in altre zone dell'isola. E' interessante notare che sulla recente piantumazione delle palme, nella quasi totalità dei casi i giudizi degli isolani si sono fermati solamente all'aspetto estetico e mai su quello ambientale, riducendo le piante ad una sorta di ornamento, non esseri viventi ma oggetti di un'isola e forse di un mondo votato sempre di più ad un'apparenza senza alcuna sostanza.

 

 

 

 

Video La mancanza degli alberi 10

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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1FAO, Global Forest Resources Assessment 2020 - http://www.fao.org/forest-resources-assessment/2020/en/ .

2FAO, State of the world's forest - http://www.fao.org/publications/sofo/2016/en/ .

3Cfr. G. Fragapane, Lampedusa. Dalla preistoria al 1878, Sellerio Editore, Palermo 1993, p. 232.

4Ivi, p. 333.

5Ivi, p. 341.

6Ivi p. 350

7Cfr. B. Sanvisente, L'isola di Lampedusa. Eretta a colonia dal munificentissimo nostro sovrano Ferdinando II. Descritta dal Cavaliere B. Sanvisente, Capitano di Fregata e Governatore della medesima, con un cenno delle minori isole Linosa, e Lampione, Dalla Reale Tipografia Militare, Napoli 1849, pp. 73, 74.

8C. Corti, P. Lo Cascio, M. Masseti, S. Pasta , Storia naturale delle isole Pelagie, L'epos, Palermo 2002, p. 131.

9FERN, Beni di consumo e deforestazione, 2015 -

https://www.fern.org/fileadmin/uploads/fern/Documents/fern_summary_italian_internet.pdf .

10Giacomo Sferlazzo: voce e chitarra albero. Testo tratto da una relazione di Edoardo Avogadro di Vigliano tenente del 15° reggimento di fanteria in missione a Lampedusa, 1879. In G. Fragapane, Lampedusa. Dalla preistoria al 1878, Sellerio Editore, Palermo 1993 p.483.

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